Figure professionali...
Quando ci si approccia a un’attività economica, sia essa commerciale o meno, uno degli aspetti da prendere in considerazione è sicuramente quella della scelta del veicolo attraverso cui esercitare l’attività.
Questo aspetto assume ancora più rilevanza quando il settore prescelto è quello primario dell’agricoltura in quanto caratterizzato da indubbie agevolazione che, tuttavia, non competono a tutti i soggetti.
Cardine di tutte le fattispecie operanti in agricoltura è la definizione che l’articolo 2135, cod. civ. offre dell’imprenditore agricolo, definito come colui che esercita una alternativamente una delle attività agricole per definizione e consistenti in:
1. coltivazione del fondo;
2. selvicoltura e
3. allevamento di animali.
Senza entrare nel merito delle novità introdotte con la riforma del 2001 (articoli 7 e 8 della Legge delega 57/2001 da cui sono derivati 3 decreti legislativi: 226, 227 e 228) e del nuovo concetto di agricoltura non più intesa quale esercizio statico consistente nella semina e successiva raccolta dei frutti, bensì quale attività dinamica e votata a un concetto di agricoltura dinamica, il primo aspetto che deve essere analizzato riguarda le caratteristiche che deve avere l’imprenditore agricolo per poter accedere a determinate agevolazioni (Imu e prelazione agraria in primis).
Infatti, nella quotidianità non si sente mai parlare di imprenditore agricolo, bensì di coltivatore diretto (sempre meno) e di Iap, acronimo di imprenditore agricolo professionale, quest’ultimo subentrato al precedente Iatp (imprenditore agricolo a titolo principale) e forma moderna del nostro imprenditore agricolo.
Vediamo di definire compiutamente queste due figure professionali o per meglio dire species del genus imprenditore agricolo.
Il coltivatore diretto
Non esiste una definizione univoca di coltivatore diretto, infatti, si può fare riferimenti :
- all’articolo 2083, cod. civ. in cui viene equiparato al piccolo imprenditore. Ne deriva che si considera tale colui che esercita l’attività di coltivazione del fondo, professionalmente e in maniera organizzata, prevalentemente con il lavoro proprio e della propria famiglia;
- all’articolo 6 della L. n. 203/1982 (la legge di riordino dei contratti agrari) che, riprendendo la definizione dell’articolo 2083, cod. civ., richiede che il lavoro prestato dall’aspirante coltivatore diretto e dalla sua famiglia copra almeno 1/3 di quello necessario per le normali necessità.
Unendo i punti in comune e quelli compatibili delle due disposizioni richiamate, nonché alcuni spunti offerti da altra normativa speciale (ad esempio articolo 2, L. n. 1047/1956, articolo 31, L. n. 590/1965 e articolo 2 L. n. 9/1966), il coltivatore diretto è colui che esercita un’attività agricola ai sensi dell’articolo 2135 cod. civ., direttamente e abitualmente, utilizzando il lavoro proprio o della sua famiglia, e la cui forza lavorativa non sia inferiore a un terzo di quella complessiva richiesta dalla normale conduzione del fondo.
L’imprenditore agricolo professionale
L’articolo 1, D.Lgs. 99/2004 definisce l’imprenditore agricolo professionale (Iap) come colui che dedica alle attività agricole di cui all’articolo 2135, cod. civ., direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricava dalle attività medesime almeno il 50% del reddito globale da lavoro (nel computo non si tiene conto delle pensioni di ogni genere, gli assegni a esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni e altri enti operanti nel settore agricolo).
Tali percentuali sono ridotte al 25% quando l’imprenditore opera nelle zone svantaggiate di cui all’articolo 17 del Regolamento (CE) n.1257/1999.
Si considerano soggetti Iap, per effetto di quanto previsto sempre dall’articolo 1, comma 3, D.Lgs 99/2004, anche le società agricole di cui al successivo articolo 2.
In questo caso tuttavia, la norma è meno stringente, infatti, non è la società che deve rispettare dei parametri quantitativi, essendo sufficiente la presenza di un soggetto Iap che di fatto “dona” la qualifica alla compagine.
Nel caso di società di persone almeno un socio deve essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (per le Sas è richiesto che Iap sia un socio accomandatario).
Nel caso di società di capitali o cooperative almeno un amministratore, che sia anche socio per le società cooperative, deve essere un imprenditore agricolo professionale.
Attenzione che, onde evitare il diffondersi di soggetti che di professione fanno i soci e/o gli amministratori di società, il comma 3-bis, sempre dell’articolo 1, D.Lgs. n. 99/2004, prevede che la qualifica di Iap può essere apportata dall’amministratore a una sola società.
Questo aspetto assume ancora più rilevanza quando il settore prescelto è quello primario dell’agricoltura in quanto caratterizzato da indubbie agevolazione che, tuttavia, non competono a tutti i soggetti.
Cardine di tutte le fattispecie operanti in agricoltura è la definizione che l’articolo 2135, cod. civ. offre dell’imprenditore agricolo, definito come colui che esercita una alternativamente una delle attività agricole per definizione e consistenti in:
1. coltivazione del fondo;
2. selvicoltura e
3. allevamento di animali.
Senza entrare nel merito delle novità introdotte con la riforma del 2001 (articoli 7 e 8 della Legge delega 57/2001 da cui sono derivati 3 decreti legislativi: 226, 227 e 228) e del nuovo concetto di agricoltura non più intesa quale esercizio statico consistente nella semina e successiva raccolta dei frutti, bensì quale attività dinamica e votata a un concetto di agricoltura dinamica, il primo aspetto che deve essere analizzato riguarda le caratteristiche che deve avere l’imprenditore agricolo per poter accedere a determinate agevolazioni (Imu e prelazione agraria in primis).
Infatti, nella quotidianità non si sente mai parlare di imprenditore agricolo, bensì di coltivatore diretto (sempre meno) e di Iap, acronimo di imprenditore agricolo professionale, quest’ultimo subentrato al precedente Iatp (imprenditore agricolo a titolo principale) e forma moderna del nostro imprenditore agricolo.
Vediamo di definire compiutamente queste due figure professionali o per meglio dire species del genus imprenditore agricolo.
Il coltivatore diretto
Non esiste una definizione univoca di coltivatore diretto, infatti, si può fare riferimenti :
- all’articolo 2083, cod. civ. in cui viene equiparato al piccolo imprenditore. Ne deriva che si considera tale colui che esercita l’attività di coltivazione del fondo, professionalmente e in maniera organizzata, prevalentemente con il lavoro proprio e della propria famiglia;
- all’articolo 6 della L. n. 203/1982 (la legge di riordino dei contratti agrari) che, riprendendo la definizione dell’articolo 2083, cod. civ., richiede che il lavoro prestato dall’aspirante coltivatore diretto e dalla sua famiglia copra almeno 1/3 di quello necessario per le normali necessità.
Unendo i punti in comune e quelli compatibili delle due disposizioni richiamate, nonché alcuni spunti offerti da altra normativa speciale (ad esempio articolo 2, L. n. 1047/1956, articolo 31, L. n. 590/1965 e articolo 2 L. n. 9/1966), il coltivatore diretto è colui che esercita un’attività agricola ai sensi dell’articolo 2135 cod. civ., direttamente e abitualmente, utilizzando il lavoro proprio o della sua famiglia, e la cui forza lavorativa non sia inferiore a un terzo di quella complessiva richiesta dalla normale conduzione del fondo.
L’imprenditore agricolo professionale
L’articolo 1, D.Lgs. 99/2004 definisce l’imprenditore agricolo professionale (Iap) come colui che dedica alle attività agricole di cui all’articolo 2135, cod. civ., direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricava dalle attività medesime almeno il 50% del reddito globale da lavoro (nel computo non si tiene conto delle pensioni di ogni genere, gli assegni a esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni e altri enti operanti nel settore agricolo).
Tali percentuali sono ridotte al 25% quando l’imprenditore opera nelle zone svantaggiate di cui all’articolo 17 del Regolamento (CE) n.1257/1999.
Si considerano soggetti Iap, per effetto di quanto previsto sempre dall’articolo 1, comma 3, D.Lgs 99/2004, anche le società agricole di cui al successivo articolo 2.
In questo caso tuttavia, la norma è meno stringente, infatti, non è la società che deve rispettare dei parametri quantitativi, essendo sufficiente la presenza di un soggetto Iap che di fatto “dona” la qualifica alla compagine.
Nel caso di società di persone almeno un socio deve essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (per le Sas è richiesto che Iap sia un socio accomandatario).
Nel caso di società di capitali o cooperative almeno un amministratore, che sia anche socio per le società cooperative, deve essere un imprenditore agricolo professionale.
Attenzione che, onde evitare il diffondersi di soggetti che di professione fanno i soci e/o gli amministratori di società, il comma 3-bis, sempre dell’articolo 1, D.Lgs. n. 99/2004, prevede che la qualifica di Iap può essere apportata dall’amministratore a una sola società.
Le differenze tra coltivatore diretto e Iap
Riepilogo obblighi contributivi | ||
Inps | Coltivatore diretto | Imprenditore agricolo professionale |
Requisiti soggettivi | carattere abituale dell’attività: attività esclusiva o prevalente per tempo e reddito | - possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’articolo 5, Regolamento UE 1257/1999 - attività svolta direttamente o in qualità di socio per almeno il 50% del proprio tempo lavoro complessivo (25% nelle zone svantaggiate) - ricavo dell’attività agricola di almeno il 50% del proprio reddito globale da lavoro (25% nelle zone svantaggiate). |
Requisiti oggettivi | - possesso di un fondo agricolo a qualunque titolo o svolgimento di un’attività di allevamento -fabbisogno aziendale di lavoro non inferiore a 104 giornate annue -capacità lavorativa del coltivatore diretto e del proprio nucleo familiare non inferiore a 1/3 del fabbisogno lavorativo dell’azienda |
esistenza di un’azienda organizzata per lo svolgimento di un’attività economica agricola |
Scadenze pagamento contribuzione | - 16 luglio - 16 settembre - 16 novembre - 16 gennaio anno successivo. |
- 16 luglio - 16 settembre - 16 novembre - 16 gennaio anno successivo. |
Assicurazione Inail | Sì | No |
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